La Voce di Romagna, 12 ottobre 2012
L’agenzia
internazionale Reuter non ha dubbi nel commentare la notizia: «Il politico
populista Beppe Grillo, leader del secondo partito più ampio d’Italia, ha
lanciato la campagna elettorale in Sicilia in modo pittoresco, attraversando a
nuoto l’infido Stretto di Messina che separa l'isola dall’Italia continentale».
Populista:
cioè, stando al Dizionario Treccani, «rappresentante di quell’ atteggiamento
ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al
socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario
di valori totalmente positivi». Il riferimento storico è, ovviamente, al
populismo russo, movimento di fine Ottocento che vide tanti intellettuali di
sinistra intraprendere una letterale «andata al popolo»: abbandonata la comoda
vita di città, si traferirono in campagna, con l’orgoglio tipicamente
intellettualoide di spiegare ai contadini come avrebbero dovuto opporsi al
regime zarista. Finì con gli intellettuali cacciati a bastonate dai contadini
che non volevano saperne dei metodi violenti che i populisti propugnavano.
Questi non si dettero per vinti e moltiplicarono le loro iniziative violente,
culminate nell’assassinio di tanti ministri (ovviamente, i più intelligenti e
attivi) e dell’imperatore Alessandro II (proprio quello che aveva abolito la
servitù della gleba nel 1861).
A ben
vedere dunque, l’essenza storica del «populista» consiste nel cercare di
sintonizzarsi con un «popolo» spesso mitico e irreale, lisciarlo
demagogicamente e proporre qualcosa di estremamente generico legato alla
propria persona carismatica (è la versione peronista del populismo), se mai
sconfinando nella violenza antisistema.
Essenziale
al populista è dunque l’affermazione del proprio potere carismatico.
Ecco
allora spiegati gli atteggiamenti sempre sopra le righe del leader populista,
che tanto più è costretto a urlare quanto meno è portatore di contenuti.

A quanto
pare, la sfida con le forze della natura ben si presta a simboleggiare il
potere carismatico del leader populista.
Una delle
foto Alinari più note di Mussolini mostra il duce nel 1933 mentre nuota a
Riccione, negli stessi anni in cui in un discorso tenuto a Napoli fra
acclamazioni deliranti, aveva fatto sua l’affermazione chiave del populismo:
«Andare verso il popolo, realizzare concretamente la nostra civiltà economica,
che è lontana dalle aberrazioni monopolistiche del bolscevismo, ma anche dalle
insufficienze dell'economia liberale:
se ci fossero dei diaframmi che volessero
interrompere questa comunione diretta del regime col popolo noi, nel supremo
interesse della nazione, li spezzeremo».

Nel 1966
Mao pensò bene di affrontare le acque inquinate dello Yangtze per lanciare la
Rivoluzione culturale scavalcando il potere della burocrazia del partito e
appellandosi populisticamente alle giovani Guardie Rosse.
E Putin?
Che dire di Putin, il più populista dei leader politici russi? Be’, Putin ha
un’intera serie di foto che lo ritraggono in atteggiamenti macho, atteggiamenti con cui intende
confermarsi l’ideale di ogni Russo (e Russa): eccolo allora ripreso mentre fa
judo o caccia animali feroci, mentre spara, pesca o fa snowboard, ma
soprattutto, mentre nuota.
Se Brezhnev – rappresentante del potere burocratico,
non carismatico – poteva tranquillamente starnazzare in piscina con un patetico
salvagente, il populista Putin non può che nuotare a delfino in un fiume siberiano.

Mussolini,
Mao, Putin: la compagnia populista di Grillo.
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