La Voce di Romagna, 6 luglio 2012
«Un ragazzo entrò nella
carrozza del treno alla fermata di una piccola città universitaria della
Francia meridionale: era circa il 1890. Il ragazzo, fresco di laurea, si
sedette vicino a un anziano signore che sembrava sonnecchiare. Quando il treno
riprese la sua corsa sobbalzando, dalle mani del vecchio cadde un rosario. Il
ragazzo si affrettò a raccoglierlo e ad allungarlo al signore, senza
risparmiarsi un’osservazione: “Suppongo che lei stesse pregando, signore...”.
“Hai ragione. Stavo pregando” –
rispose il vecchio.
“Sono stupito che ai nostri
tempi – fece il ragazzo – qualcuno sia ancora così ignorante e superstizioso. I
nostri professori all’università non credono in queste cose”. E il ragazzo si
impegnò a “illuminare” il suo anziano compagno di viaggio. “Sì – proseguì il giovane –
oggigiorno la gente istruita non crede più in simili sciocchezze”.
“Davvero!?” – replicò
l’anziano, piuttosto sorpreso.
“Sì, signore. E, se vuole posso
inviarle alcuni libri illuminanti al riguardo”.
“Mi farebbe molto piacere” –
fece in tempo a dire l’anziano mentre si accingeva a scendere dal treno. “Mi
puoi mandare i libri a questo indirizzo”.
Porse al giovane un biglietto da
visita e questi lesse l’indirizzo:
Louis Pasteur, Direttore
dell’Istituto di Ricerca “Pasteur”, Parigi».
Il gustoso aneddoto cade nell’anniversario della prima
iniezione antirabbica a un ragazzo morso da un cane infetto eseguita appunto
dal grande scienziato Louis Pasteur, il 6 luglio 1885. “Gustoso” – perché
smonta efficacemente uno dei miti più diffusi dall’Illuminismo in qua, e cioè
che la fede cristiana è cosa per creduloni, la preghiera è una superstizione,
il rosario, poi, roba per vecchi sonnacchiosi. Sì, peccato che quel signore
anziano – che forse meditava, più che sonnecchiare – era uno dei più grandi
scienziati del suo tempo, il tempo del positivismo e dello scientismo
trionfante. Uno scienziato la cui grandezza il mondo fu costretto a riconoscere
mentre questi era ancora in vita, e in piena attività, fondando un Istituto per
la lotta alla rabbia e affidando a lui la direzione.
Uno scienziato che passò
la vita a risolvere i maggiori problemi chimici, medici, biomolecolari del suo
tempo: 1857 – studi sulla fermentazione; 1862 – dimostrazione dell’inesistenza
della generazione spontanea; 1863 – studi sulle malattie del vino; 1865 – studi
risolutivi sulle malattie dei bachi da seta che avevano invaso tutti gli
allevamenti; 1871 – studi sulle malattie della birra, e invenzione del processo
di pastorizzazione (appunto); 1880 – studi sul colera dei polli scoperta del
relativo vaccino; 1881 – studi sul carbonchio di bovini e ovini e scoperta del
vaccino; 1885 – studi sulla rabbia e scoperta del relativo vaccino.
Ah, c’è da
aggiungere che Pasteur è all’origine dell’odierna microbiologia e immunologia
nonché dell’applicazione delle scoperte microbiologiche alla medicina e alla
chirurgia. A lui si deve lo studio, la prevenzione (asepsi) e l’immunizzazione
per la profilassi delle malattie infettive. Insomma, se siamo vivi, se siamo
adulti e vaccinati, se abbiamo sconfitto il carbonchio ecc. lo dobbiamo in gran
parte al signore che, in treno, recandosi al lavoro, diceva il rosario. Domanda: è da vecchi rimbambiti il rosario? Oppure è la
preghiera propria degli intellettuali, preghiera di chi può facilmente cadere
nell’orgoglio della “scienza che gonfia” e che pertanto è bene che ripeta,
meditando “Ave o Maria, piena di grazie...”, “Santa Maria, Madre di Dio”...? E
perché poi: un intellettuale non può forse applicare la sua scienza e la sua
capacità di riflessione al mistero della maternità di Maria, all’incarnazione,
alla Theotokos, alla pensiero della propria morte tra le braccia della Madonna?
Oh, sì, Odifreddi troverà da ridire: scienza e fede si
oppongono irrimediabilmente. Sì, certo.
Anche se è un po’ tardi, ormai,
Odifreddi può sempre mandare anche i suoi libri a: Institut Pasteur 25 rue du Docteur Roux 75015 PARIS, FRANCE. Li
metteranno sotto la statua del vecchio che diceva il rosario. Chissà, forse
pregava anche per i suoi colleghi presenti e futuri, malati di ateismo rabbioso
(morbo per cui, però, non esiste vaccino).
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