La Voce di Romagna, 17 febbraio 2006
La caduta da brividi di Dan Zhang, nella
gara di pattinaggio artistico delle Olimpiadi invernali, ma, più ancora,
l’incredibile recupero che ha portato l’atleta cinese alla medaglia d’argento,
meritano un commento. La gara l’abbiamo vista tutti, e tutti, anche chi di noi
tifava per la coppia russa poi risultata vincitrice, abbiamo condiviso delusione
e sofferenza e poi infine gioia liberatrice per la vittoria morale dei due
pattinatori cinesi sulla sfortuna, su quello che era sembrato un ostacolo
insormontabile. Già, insormontabile per noi Italiani… Insormontabile per il
commentatore della RAI che, dopo quel salto altissimo conclusosi malamente sul
ghiaccio del Palavela di Torino, ha prematuramente stilato il podio della gara
depennando la coppia cinese Zhang e Zhang. E invece…
E invece la cultura cinese, come pure
quella giapponese, dà grandissimo valore alla considerazione sociale, ciò che
si riflette nel concetto di “salvare la faccia”. Regole non scritte dettano i
comportamenti degli individui all’interno della società allo scopo di combinare
il rispetto per se stessi con il prestigio degli altri. Così, durante una
competizione anche commerciale, il tradizionale sistema di valori cinese impone
che si conceda allo sconfitto qualche premio di consolazione, che non lo si
umili. E quando, comunque, le circostanze portano alla sconfitta c’è un’ultima
difesa, un ultimo modo di non “perdere la faccia”: assumere un’espressione impassibile
come se nulla fosse successo, evitare di perdere il controllo di se stessi, di
mostrare pubblicamente la propria frustrazione, la propria rabbia.

Che meraviglia, e che lezione!
Autocontrollo, dominio di sé, senza inutili polemiche con il partner, senza
giocare allo scaricabarile, senza accampare scuse, senza cercare
giustificazioni. Confrontiamo questa lezione con quanto ci passa il convento
televisivo, con quella Tv spazzatura in cui l’esplosione incontrollata dell’ira
e l’esibizione della mancanza di autocontrollo sono ormai norma settimanale.
Confrontiamola con le parolacce e le offese irripetibili anche tra compagni
della stessa compagine, parolacce e offese che accomunano campi da calcio,
spogliatoi, Parlamento, per non parlare dei Consigli comunali e di
Circoscrizione.

Confrontiamola con la spettacola-rizzazione della vita e dei
suoi aspetti più abietti nei reality show, dove l’offesa e la scurrilità sono
studiati e voluti per aumentare lo share, dove attori-spettatori mettono in
piazza le proprie brutture. Confrontiamo e scegliamo: io sto dalla parte della
pattinatrice cinese, dalla parte della tradizionale virtù della “mansuetudine”,
che non è mancanza di energia, ma forza potente per vincere se stessi, per
possedere il proprio “io” contro la volubilità, la mancanza di carattere,
l’incostanza.
Così si vince. Così si diventa persone più
vere, andando contro e non assecondando le proprie miserie, le proprie
debolezze. Certo, anche questo autocontrollo può, in definitiva, essere egoistico,
diventare alimento dell’amor proprio, come ammoniscono i maestri cristiani di
vita interiore; e dunque va purificato, elevato, orientato all’apertura verso
gli altri, all’amore degli altri. Però, quanto meno, la strada è quella giusta.
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